(tratto dal Quaderno di meteorologia aperta n° 4, La meteorologia al tempo del digitale, il documento integrale è disponibile al seguente LINK).
Molte aziende chiedono di conoscere quali sono le risorse che il paese può mettere a loro disposizione per soddisfare una componente, quella climatica, di cui si avverte la pressante esigenza in un numero crescente di comparti e di applicazioni.
La risposta viene fornita in modo più approfondito nell’articolo pubblicato sulla newsletter di AISAM (è possibile prendere visione di questo contenuto cliccando QUI). Se ne traccia di seguito una sintesi per sommi capi.
- La transizione digitale e tecnologica rende necessaria una nuova meteorologia e climatologia, strutturata ed in grado di aderire alla complessità dei modelli e dei sistemi che la utilizzano, i dati quindi devono essere forniti su piattaforme avanzate ed elaborati con metodi rianalitici adeguati alle diverse esigenze.
- Per garantirne la qualità, ne vanno verificate le diverse fonti (dati certificati, ufficiali, a norma WMO – Organizzazione Meteorologica Mondiale).
- I principali organismi internazionali (WMO, WB – Banca mondiale, ecc.) sollecitano che le azioni in grado di favorire il massimo utilizzo della risorsa, che rappresenta l’insieme osservativo meteorologico, vengano operate mediante una solida sinergia tra il pubblico, che li raccoglie utilizzando le risorse finanziarie nazionali, ed il privato, che è in grado di rispondere agilmente alle diverse richieste operative avanzate da un mercato in rapidissima evoluzione.
- In Italia manca un ente nazionale di riferimento “forte”, ed i dati sono disseminati tra una trentina di enti regionali (ARPA, servizi agricoli, ecc.) e nazionali (Aeronautica Militare, Protezione Civile, ecc.), il che impedisce un facile accesso ed una uniformità di visione.
- Recentemente il Governo ha istituito l’agenzia Italiameteo, che dovrebbe farsi carico di questo coordinamento, ma si tratta di una struttura a carattere volontaristico (sic) il cui reale impatto istituzionale ed operativo sarà da valutare nel tempo.
- In termini pragmatici, operando nel quadro esistente, si deve considerare che il paese è strutturato in modo adeguato sotto il profilo delle reti di monitoraggio, perché dispone di molte stazioni meteorologiche di buona qualità e di una efficiente rete radar. Questi rilievi non vengono operati esclusivamente da enti pubblici, ma vengono integrati da reti avanzate, ed in alcuni casi certificate, di altri attori, quali i Consorzi di Bonifica, i Consorzi antigrandine, le Utility e alcune ONLUS.
- Il tema che si pone è quindi quello di aggregare valore e conoscenza a questa mole di dati, nel contesto di una economia e di una società in rapida e continua evoluzione, sono infatti numerose le applicazioni che si stanno delineando, originate dal mondo del credito, della finanza, delle assicurazioni, dell’energia, dell’agricoltura e dalle policy di decarbonizzazione, che andranno ad interessare tutta la microeconomia, e quindi anche la cultura e la società.
- Per seguire questi assetti variabili è importante il contributo del mercato, che è l’unico in grado di cogliere le esigenze specifiche, di strutturarsi per rispondere con la necessaria agilità e di assorbire il rischio degli investimenti connessi.
- Quindi da una parte c’è il ruolo chiave del settore pubblico, che garantisce il livello delle reti e delle conoscenze meteorologiche, in sostanza la qualità iniziale del dato, dall’altra quello delle aziende, che trasformano questa conoscenza in valore, occupazione, concorrenza, know how.
- Per concludere, l’ampia intersezione ed interazione pubblico/privato nei servizi meteorologici va letta in chiave funzionalista e risolta in chiave sinergica, sia perché esiste già lo strumento normativo, rappresentato dalle direttive europee e dalle line guida dell’Agenzia per l’Italia digitale, che definisce con chiarezza i requisiti-chiave degli open data, sia perché l’esperienza di altri servizi meteorologici e le analisi degli organismi internazionali indicano quella direzione.
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